Ultima modifica: 27 Luglio 2017
I.T.I.S. P. Paleocapa > Curiosità > Chi era Pietro Paleocapa

Chi era Pietro Paleocapa

Ingegnere bergamasco, presidente della Commissione per la realizzazione del Canale di Suez.

pietro_plaeocapa1Le origini di Pietro Paleocapa risalgono indirettamente ad uno degli episodi più bui della storia della Serenissima. L’avanzata ottomana, nel XVII secolo appariva inarrestabile giungendo fino a travolgere, dopo quasi 25 anni di assedio l’isola di Candia, terra d’origine della famiglia Paleocapa, una delle più facoltose della città. Costretti a lasciare la propria casa rapidamente a causa del tragico sviluppo degli eventi, gli avi di Pietro decadettero, e il padre dovette trasferirsi a Bergamo dove ricoprì l’incarico di cancelliere, comunque prestigioso in quanto secondo solo al podestà, amministratore della città per conto della Repubblica di Venezia.

Qui nacque da Mario Paleocapa e da Cecilia Biadasio Imberti l’undici novembre 1788 Pietro, ultimo genito della famiglia. Molto scarse sono le notizie relative all’infanzia, attendibili solo a partire dal 1797.

Bergamo venne investita dall’ondata rivoluzionaria francese. Le forze militari del generale Le Faivre occuparono la città, costringendo nuovamente la famiglia Paleocapa, fedele a Venezia, a fuggire. E, durante il viaggio verso la città lagunare, si colloca uno dei pochi episodi relativi alla fanciullezza di Pietro: cadendo dalla carrozza si procurò una ferita alla fronte, di cui porterà la cicatrice per tutta la vita.

A partire dal 1805 le notizie si fanno più certe. Pietro intraprese studi di diritto a Padova ma dopo soli tre anni decise di dedicarsi alle discipline matematiche. Entusiasmato dai successi Napoleonici in tutta Europa, partecipò nel 1808 al concorso d’ammissione per l’accademia militare di Modena, dove risultò vincitore, dimostrando già molto prematuramente quelle doti di intelligenza, modestia, moralità e senso del dovere, che avrebbero poi contraddistinto l’uomo maturo.

Esperto di ingegneria e luogotenente del genio, nel 1812 diresse i lavori di fortificazione a Oseppo e Peschiera. Ma l’anno seguente venne travolto assieme alle truppe napoleoniche, in disastrosa ritirata dalla Russia, dale forze della sesta coalizione antifrancese e fu fatto prigioniero. Trascorse alcuni mesi internato in Pomerania, riuscendo a tornare in Italia solo in seguito ad uno scambio di prigionieri.

Il 1815 segnò una tappa fondamentale della vita di Paleocapa. La restaurazione operata dalle potenze vincitrici al Congresso di Vienna cancellava per sempre la repubblica di Venezia, annessa all’impero Asburgico. E Pietro, animato già da forte patriottismo e desideri nazionali, sdegnato dall’idea di servire il nemico, rifiutò di entrare nel corpo imperiale del genio. L’attaccamento profondo per Venezia lo portò invece ad accettare un importante ruolo del Corpo degli Ingegneri di Acque e Strade della città lagunare, ricoperto dal 1817 al 1820. Distintosi per le sue notevoli capacità, venne trasferito dall’amministrazione asburgica nel Collegio degli Ingegneri della Giunta del Censimento in Italia, per valutare un progetto di estensione del catasto veneto in Lombardia. Le sue riforme trovarono un approvazione tale che nel 1825 Paleocapa venne chiamato a Vienna per illustrare un progetto generale, subito accolto con entusiasmo, e ricevette l’incarico di dirigere i lavori. Ma la Giunta, scarsamente disposta ad accettare la sua nuova posizione, eseguì l’incarico con lentezza e imprecisione, spingendo Pietro ad abbandonare il Collegio degli Ingegneri e rientrare a Venezia.

Una scelta fortunata, poiché sarà proprio la grande città lagunare ad offrirgli la possibilità di mettere in mostra le sue grandi capacità di ingegnere idraulico, concretizzatesi negli anni in opere sempre più rilevanti, fino a renderlo uno dei più importanti di tutto il XIX secolo.

Nel 1806 Napoleone voleva dotare Venezia di un porto adatto a consentire l’approdo di navi di elevato tonnellaggio, con evidenti funzioni militari.A tale scopo una Commissione di Idraulici studiò il progetto di ampliamento del porto di Malamocco. Ma i lavori vennero sospesi dopo la caduta dell’imperatore francese, e interrotti per lo scarso interesse dell’amministrazione viennese fino al 1839, quando ripresero con la collaborazione del Paleocapa.

pietro_paleocapa2

Un nuovo semplificato progetto di quest’ultimo, in grado di abbassare i costi ed offrire soluzioni migliori, venne subito approvato e i lavori immediatamente iniziati, terminarono sette anni più tardi.E i risultati furono tali che i veneziani dedicarono alla mente dell’opera una lapide: “A Pietro Paleocapa sulla veneta laguna vincitore della Natura”. Sempre negli anni trenta eseguirà importanti lavori di sistemazione delle acque delle regioni venete, con lo scopo di impedire continue inondazioni minacciose per l’agricoltura.

Il suo prestigio e la validità delle sue opere iniziarono a diffondersi anche fuori dai confini italiani. Venne chiamato a dirigere lavori in Ungheria sul Danubio, e in Transilvania ad eseguire opere di risanamento delle pianure. Proprio in questa occasione fu colpito da una malattia reumatica agli occhi che lo porterà progressivamente negli anni alla cecità.

La scienza e la tecnica, così importanti, non faranno mai però dimenticare al Paleocapa i suoi sentimenti nazionali e il suo profondo patriottismo, spingendo negli anni ad un sempre maggiore impegno politico, costantemente teso alla realizzazione del sogno dell’Italia unita e indipendente. All’inizio del 1848 i moti liberali scoppiati in Francia si diffusero rapidamente in tutta Europa. Il 22 marzo Venezia insorse contro la dominazione austriaca. Il governo provvisorio guidato da Daniele Manin, affidò il ministero per l’interno e le comunicazioni al Paleocapa, il quale si fece subito sostenitore di un avvicinamento al Piemonte, unico stato in grado di garantire una difesa contro gli eserciti austriaci. Paleocapa, inviato dal consiglio dei ministri riuscì ad ottenere da Carlo Alberto il sostegno dell’esercito del generale sabaudo Durando. Ma al suo ritorno a Venezia dovette scontrarsi con l’opposizione del Manin, favorevole a una maggiore tutela degli interessi veneziani e poco propenso ad un unione con il Piemonte, già stabilita dalla Lombardia.

Un plebiscito, organizzato a luglio, diede però ragione al Paleocapa, che nello stesso mese poté firmare l’atto ufficiale di annessione a Torino. Maturata dalla necessità di sostenere Venezia e concretizzare l’unità italiana, l’unificazione non riuscì però ad impedire all’Austria di ristabilire il suo controllo sull’intero lombardo-veneto, dopo aver imposto all’esercito piemontese sconfitte decisive nel ’49.

I moti del ’48-’49 erano falliti in tutta Europa, ma l’esperienza maturata permetterà ad un brillante statista come Cavour di portare a compimento l’unione nel 1861. Nonostante la sconfitta, Paleocapa mantenne costante il suo impegno politico. Entrato a far parte del governo piemontese già a fine 1848 con il ruolo di Ministro dei Lavori Pubblici, patrocinò la costruzione di importanti linee ferroviarie anche in collegamento alle linee internazionali, per aprire il Piemonte al resto dell’Europa. L’importanza del suo operato si evidenzia nella grande stima che traspare in molte lettere del Cavour al ministro bergamasco.

Durante il suo lavoro ministeriale, Paleocapa proseguì parallelamente la sua attività di tecnico e di ingegnere, partecipando proprio in questi anni alla più straordinaria opera idraulica dell’ottocento: la realizzazione del canale di Suez. L’idea, già sognata dai faraoni poi da Venezia nel XV secolo, pareva ora diventare concretizzabile e venne fatta propria da un francese, Ferdinando Lesseps. Questi nel 1855, ottenuto il permesso dal governo dell’Egitto, in quegli anni facente ancora parte dell’impero Ottomano, costituì una Commissione di Ingegneri per valutare un progetto.

Composta da specialisti italiani, francesi, inglesi, austriaci e olandesi, alla sua presidenza venne posto proprio Pietro Paleocapa. Due diverse filosofie costruttive emerso immediatamente dai primi lavori della Commissione. Ingegneri Talabot e Barraut proposero un percorso indiretto, con l’ingresso del canale nel porto di Alessandria dopo aver raggiunto il Nilo. Paleocapa e l’italiano Negrelli ritenevano maggiormente vantaggioso, perchè più sicuro ed economico, un tracciato diretto. Il canale avrebbe infatti incontrato a circa metà strada il lago Timsah, facilmente trasformabile in un porto interno; sarebbe risultato lungo soltanto 150 km, contro i 400 del percorso indiretto; e, non ultimo, avrebbe comportato minori difficoltà di esecuzione tecnica. Il progetto italiano venne valutato favorevolmente dalla Commissione, che avviò lavori per l’elaborazione di un progetto definitivo.

pietro_paleocapa3Ma l’Inghilterra si oppose: potenza marittima, temeva un possibile rafforzamento degli stati mediterranei e un canale probabilmente sotto controllo francese. Il governo inglese esercitò forti pressioni sul Sultano ottomano affinché non desse il suo avvallo alla costruzione, e subito si sviluppò un ampio dibattito internazionale circa la convenienza economica e le effettive possibilità realizzative del canale. Londra puntava anche il dito sugli scarsi vantaggi che avrebbe comportato per il commercio generale. Nel luglio 1857 Palmerston, leader dei Whigs, il futuro partito liberale inglese, attaccò duramente il progetto alla Camera dei Comuni. Paleocapa rispose il mese seguente, difendendo la sua posizione e mostrando i limiti delle critiche internazionali con un opuscolo. Ad ogni possibile perplessità l’ingegnere bergamasco seppe dare una risposta.

Nel 1861 la Commissione di Ingegneri internazionale lasciò il posto ad una Società finanziaria e i lavori iniziarono. Il canale venne inaugurato il 17 novembre 1879. Pietro Paleocapa era morto solo alcuni mesi prima. Una fila di trenta navi percorse per la prima volta il tragitto.

Una beffa del destino volle che la prima battesse proprio bandiera inglese. Gli anni cinquanta vedono l’interesse di Paleocapa concretizzarsi anche in un altra opera in grado di stupire il mondo e piegare la natura: il traforo del Cenisio. L’idea, risalente ad alcuni anni prima, venne fatta propria dal Paleocapa, che vi vedeva oltre che ad una via di comunicazione anche un mezzo di affratellamento tra i popoli europei. I lavori vennero iniziati soltanto nel’57, e nemmeno in questa circostanza il “Padre” del progetto poté ammirare la sua creatura: i 13.636 metri della galleria del Frèjus.

Contemporaneamente all’ambiziosa opera realizzò le tratte ferroviarie Torino-Susa e Torino-Genova, consapevole dell’importanza di una buona rete di comunicazione per l’economia e per l’unificazione dei popoli italiani. La sua dedizione al Regno del Piemonte e all’ideale della Patria unita gli valsero la nomina di senatore da parte di Vittorio Emanuele II nel ’54.

Quattro anni più tardi si ritirò dalla vita politica, pur accettando, dietro le insistenze di Cavour, un ministero senza portafogli. La malattia agli occhi si faceva sempre più grave, ma continuò ad interessarsi a problemi tecnici(vastissima la sua pubblicazione in merito), politici ed anche scolastici, finalmente, dopo il 1861 in un Regno d’Italia unito ed indipendente.




Link vai su